
Il prolungamento dei tempi di attesa per un intervento di protesi articolare può provocare seri danni alla salute e alla qualità di vita dei pazienti. La SIOT è in prima linea per indicare soluzioni per migliorare i livelli di assistenza e l’efficienza del sistema.
28 maggio 2021
La pandemia dovuta al Covid-19 ha provocato effetti devastanti in tutto il mondo e non solo sui pazienti colpiti dal virus. Tutti i sistemi sanitari hanno dovuto reggere l’impatto dell’emergenza tentando di riconfigurare al meglio i servizi erogati. E in tutti i Paesi è stato necessario limitare il numero di interventi di chirurgia in elezione o di ritardarne l’esecuzione provocando però una situazione in cui un enorme numero di pazienti è tuttora in attesa di un intervento chirurgico.
Gli interventi di protesi articolare in Italia
Nel 2019 in Italia la chirurgia di impianto delle protesi articolari ha superato quota 220mila interventi, uno ogni 2 minuti e mezzo. È evidente che la sospensione o, comunque, il rallentamento per un certo periodo di tempo di questa attività abbia portato a un rapido e consistente accumulo di pazienti nelle liste di attesa.
La Società italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) aveva già sottolineato questa problematica a novembre in occasione del Congresso Virtual SIOT 2020, riportando come la pandemia avesse causato, in particolare a seguito delle misure adottate tra marzo e maggio, il rinvio di circa 35mila interventi ortopedici e l’allungamento fino a sei mesi delle liste di attesa per assistenza ambulatoriale e chirurgica.
Attualmente non sono ancora disponibili dati consolidati relativi al 2020 sul numero degli interventi chirurgici riprogrammati in Italia, ma, solo in Ortopedia, a fronte dei circa 220mila interventi di protesi articolari del 2019, si stima una riduzione di oltre 130mila interventi in elezione.
L’impatto sulla salute dei cittadini
Le possibili conseguenze di circa 130.000 interventi in elezione in meno sono ancora tutti da valutare. In primo luogo per l’insidiosa definizione che, in chirurgia, si porta dietro il termine “elettivo”, dall’inglese “elective” (o “non-essential”). Concetto che viene comunemente associato agli interventi considerati differibili, in quanto non richiedono un trattamento immediato (urgenza).
Ma tra i due estremi della chirurgia non essenziale e di quella di emergenza-urgenza, ci sono moltissime sfumature intermedie… e in Ortopedia, il ritardo dell’intervento di chirurgia protesica può avere un impatto negativo sulla salute del paziente a breve termine e sulla qualità della vita.
Ad esempio pazienti affetti da patologie reumatiche, nell’attesa di una visita o un intervento a causa del Covid-19, lamentano più di altri un marcato peggioramento del proprio stato di salute ed una ridotta capacità della vita di relazione.
Comprendere il volume della domanda di chirurgia protesica articolare non soddisfatta è importante per pianificare il recupero degli interventi in sospeso previsti nelle liste di attesa e quindi mitigare il minore accesso dei pazienti alle cure.
Diamo un po’ di numeri
Gli ultimi dati disponibili, pubblicati a marzo dall’Istituto Superiore di Sanità, si fermano a settembre 2020 e, anche se limitati a sei regioni, possono costituire un utile riferimento per stimare il tempo necessario al sistema per riassorbire il numero degli interventi non effettuati durante il lockdown.
I dati mostrano che nelle regioni valutate (Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Trentino Alto Adige), gli interventi protesici sono stati, in nove mesi, poco meno di 60mila (54,3% sull’anca e il 40,7% sul ginocchio), a fronte dei quasi 110mila dell’intero 2019.
Mentre storicamente le dimissioni mostrano una forte stagionalità, che presenta picchi di attività in ottobre e valori minimi in agosto (al di sotto dei 3.000 interventi), nel 2020 si è assistito a un crollo del numero di interventi durante il lock down per contrastare l’epidemia da SARS-CoV-2 tra marzo e maggio, con minimo assoluto in aprile, in cui il calo dell’attività è stato dell’84,9% rispetto all’anno precedente. I valori sono poi tornati, nei mesi da luglio a settembre, a livelli paragonabili ed anche superiori a quelli degli stessi mesi degli anni precedenti.
Per gli interventi in urgenza, la differenza tra i volumi del 2020 e quelli degli anni precedenti risulta meno marcata, con la massima riduzione del 32,4% in aprile e differenze minime negli altri mesi. Gli interventi in urgenza, che solitamente costituivano il 20% del totale, hanno raggiunto il 25% nel 2020.
Le liste d’attesa, che sono sempre state un problema rilevante nel SSN, con il Covid-19 si sono ulteriormente allungate a causa della sospensione o del rinvio delle procedure di protesi articolari in elezione, complicando la risoluzione di una problematica che deve già confrontarsi con le carenze di personale e con le sale operatorie che hanno difficoltà a riprendere i ritmi usuali.
Le proposte della SIOT
Per recuperare il numero di interventi sospesi durante questo periodo di emergenza sanitaria servirà molto tempo. Occorre però essere tempestivi nello stabilire un piano per il ritorno ad una situazione di normalità, che includa, tra le modalità per la ripresa in sicurezza di questi interventi e dei criteri oggettivi di priorità per i pazienti.
Per questo già a marzo 2021 il presidente della SIOT, Prof. Paolo Tranquilli Leali, ascoltato in audizione dalla commissione Sanità del Senato, ha presentato le proposte della Società per tentare di procedere il più rapidamente possibile a una risoluzione del problema.
SIOT, infatti, ha insediato una task force dedicata allo studio della fattibilità anche in Italia di un approccio di impianto di protesi articolari con regimi di ricovero ridotti, che vanno dal day-hospital, al cosiddetto “fast-track”, che permette solitamente una dimissione del paziente già nelle prime 72 ore.
Secondo studi clinici nordamericani, nel 70% dei casi è possibile procedere in piena sicurezza ad interventi di sostituzione protesica per pazienti selezionati, senza nessun aumento di complicazioni post-operatorie o infezioni; un approccio di questo tipo consentirebbe di aumentare la “produttività chirurgica” dell’ortopedia nel SSN, salvaguardando la salute dei pazienti.
La Società sta lavorando a un concreto progetto di “stratificazione ragionata” dei pazienti in lista d’attesa per individuare i candidati maggiormente adatti a degenze di 1, 3 o 5 giorni, tempo che costituisce la prassi in oltre il 70% della chirurgia di elezione da parte degli ortopedici italiani. La situazione attuale è estremamente delicata, e non può prescindere da uno sguardo a cosa succede dopo la dimissione del paziente dall’ospedale; risulta fondamentale ottimizzare anche la disponibilità delle risorse sul territorio per poter trattare i pazienti dimessi direttamente al proprio domicilio, anche implementando strategie di telemedicina che permettano una riabilitazione a distanza.
Ridefinire le liste di attesa con riduzione dei tempi e regolamentazione dei flussi all’interno degli ospedali non è più rimandabile. È necessario mettere in campo tutte le risorse possibili per recuperare il gap accumulato, con il coinvolgimento di tutte le strutture disponibili del territorio nazionale e con l’auspicio di aumentare gli investimenti e l’adozione di nuove tecnologie per migliorare sempre più gli standard di assistenza.