
A Pietro Panzeri, alla sua inventiva e al suo coraggio, si deve la nascita della Società Ortopedica Italiana: riunì un gruppo di colleghi la vigilia di Natale 1891 e fu attore protagonista dei primi due congressi nazionali.
12 luglio 2021

Pietro Panzeri (1849-1901)
Il primo passo lo fece lui. Con discrezione, quasi in sordina. Promuovere una nuova associazione di specialisti, ritagliandola da quella – radicata e autorevole – dei chirurghi generali, significava avere una buona dose di inventiva e altrettanta di coraggio. Per cui bisognava agire con moderazione. Fu così che Pietro Panzeri, chirurgo dedito alla cura delle malattie dell’apparato scheletrico, fece nascere la Società Ortopedica Italiana.
Era la vigilia di Natale del 1891. A Milano, nel chiuso di un’aula del Pio Istituto dei Rachitici di cui era direttore, riunì un gruppo ristretto di colleghi che condividevano la sua stessa inclinazione. L’ora di guardarsi in faccia e di darsi una identità non poteva più essere rinviata. Si era cominciato a trattarle chirurgicamente, le deformità osteo-articolari; le scuole-asilo per bambini rachitici si stavano trasformando in stabilimenti di cura; da sette anni, ormai, la rivista scientifica Archivio di Ortopedia (promotore anche qui il nostro Panzeri) aveva diffuso una voce nuova in tutta Italia. Senza velleità di indipendenza dalla società-madre di chirurgia, bisognava quanto meno guadagnarsi una certa visibilità all’interno della stessa.
Alla guida dei 22, che a Milano fondarono la Società
Attraverso le pagine dell’Archivio – che a quei tempi rappresentava il mezzo di divulgazione più efficace – la proposta di dare vita alla prima associazione italiana di ortopedici raggiunse ogni angolo della Penisola. Risultò più facile che raggiungere in persona Milano da tutte le regioni. Tanto è vero che a quell’appuntamento, fissato per la giornata di domenica 20 dicembre, si presentarono soltanto chirurghi provenienti dal Nord: su ventidue, sedici erano lombardi, tre venivano dal vicino Piemonte, due dall’Emilia, uno dalla Toscana. Fortuna che si accettassero anche le adesioni per corrispondenza, altrimenti il piano per portare avanti certe rivendicazioni si sarebbe rivelato insignificante, più che discreto. Grazie ai telegrammi pervenuti, si arrivò al numero di cinquantacinque soci fondatori, e a una partecipazione che si estendeva fino alla Sicilia e alla Sardegna. Come inizio, poteva bastare.
Da buon padrone di casa, il prof. Panzeri presiedette la riunione, pronunciando parole che fecero subito presa sulla platea. “Crediamo che una Società Ortopedica, curando con amore il progresso della specialità, verrà a presentare sempre più degnamente la patria nostra al cospetto del mondo scientifico”. Aveva parlato in prima persona plurale. Si era sentito in dovere di interpretare il pensiero e le aspirazioni di tutti coloro che da tempo si dedicavano con un interesse particolare, per niente empirico, alla diagnosi e al trattamento delle affezioni del sistema muscolo-scheletrico. Grande merito, il suo, quello di averli reclutati e di averli in qualche modo riuniti.
Si ritrovarono ovviamente tutti d’accordo sulla validità dell’iniziativa, e sul fatto che i tempi fossero ormai maturi per realizzarla. L’assemblea dei novelli soci approvò all’unanimità anche lo statuto e il regolamento, che erano stati redatti da un apposito comitato. Nessun dibattito. Dopo che Panzeri dichiarò ufficialmente la costituzione della Società Ortopedica Italiana, si passò subito alla elezione del primo consiglio direttivo. E anche qui, una voce unitaria. La carica di presidente veniva assegnata – per diritto e rispetto di anzianità – al prof. Alberto Gamba, 70 anni, da cinque direttore dell’Istituto dei Rachitici di Torino, il primo sorto in Italia come scuola-asilo. La vice-presidenza veniva ripartita tra il prof. Pietro Panzeri e il prof. Daniele Bajardi, direttore della sezione chirurgica della Clinica pediatrica di Firenze (a conferma di come l’età infantile rappresentasse il bacino principale di utenza della nuova disciplina).
Attore protagonista dei primi due congressi nazionali
La nave era partita. Avrebbe trovato ostacoli e interruzioni nel suo primo cammino ma non sarebbe mai più tornata indietro. Quella di Panzeri – per quanto non clamorosa – era stata in realtà un’impresa da vero precursore, per la quale l’ortopedia italiana gli sarebbe stata sempre riconoscente. Del resto, che fosse un intraprendente per natura lo aveva già dimostrato ampiamente nelle vicende della sua vita. Ancora adolescente, si era arruolato da volontario nelle truppe garibaldine che sulle Alpi difendevano i confini del Regno d’Italia. Da neolaureato aveva istituito a Milano la prima guardia medica; chiamato poi dall’igienista-filantropo Gaetano Pini alla direzione della scuola-istituto per rachitici, aveva deciso di aprire una ambulanza ortopedica, la prima in Italia, per il trattamento di deformità scheletriche anche di altra natura (tubercolare, poliomielitica, congenita). Ed era stato lui, come abbiamo visto, a fondare nel 1884, assieme al collega torinese Fedele Margary, la rivista specialistica Archivio di Ortopedia. Primato europeo, quest’ultimo, così come sarebbe stato quello che avrebbe vantato l’istituzione della Società.
Ci si ritrovò ancora in quell’aula dei Rachitici di Milano per il primo congresso della associazione, appena quattro mesi dopo, il 20 aprile del 1892. L’occasione delle festività pasquali non risultò uno sprone in più per la partecipazione da regioni lontane, almeno a giudicare dagli interventi per le comunicazioni scientifiche: tutti lombardi e piemontesi, tranne il già citato Bajardi e Davide Giordano da Bologna. Il tema era libero, come a dire: “Si parli di qualsiasi argomento, purché si cominci a parlarne”. Contributi su spondilite, scoliosi, piede torto, apparecchi ortopedici. Panzeri risultò ancora protagonista, discutendo sul trattamento cruento della lussazione congenita del femore, e venendo poi eletto alla presidenza della Società.
Con questa veste si presentò alla successiva adunanza, nel maggio dell’83 a Torino. Stavolta due giornate a disposizione e un tema principale di relazione (lussazione congenita dell’anca) oltre a temi liberi: primi segnali di crescita. Ben più nutrita la partecipazione, e più vivace il programma congressuale, con visite a vari stabilimenti di cura del capoluogo piemontese. La Società Ortopedica stava uscendo allo scoperto e non poteva più restare defilata nei confronti della chirurgia generale, che cominciava a guardare con una certa diffidenza questa “figlia prediletta… che aveva soverchia tendenza a invaderne il campo”. Ecco perché, per il successivo congresso, il terzo, programmato a Firenze per il 1894, si decise di definire meglio materia e competenze, col tema “Definizione e confini dell’ortopedia”.
Un congresso che non ebbe luogo. Primo ostacolo e prima interruzione, che durò la bellezza di dodici anni. No, l’ortopedia non era ancora pronta a staccarsi dalla chirurgia. Ci voleva tempo, e magari un’altra impresa, di cui si rese artefice uno di quelli che per la fondazione della Società, in quella vigilia di Natale del 1891, aveva fatto pervenire la sua adesione per corrispondenza. Il suo nome era Alessandro Codivilla! (link: https://siot.it/padri-ortopedia-alessandro-codivilla/ )
(a cura di Nunzio Spina – Archivio Storico SIOT)